LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRANCO
SUB ROSA VIS
lunedì 12 ottobre 2015
LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRANCO: LA "PESTE" COME NUOVA CHIAVE DECODIFICATORIA E CEN...
LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRANCO: LA "PESTE" COME NUOVA CHIAVE DECODIFICATORIA E CEN...: LA "PESTE" COME NUOVA CHIAVE DECODIFICATORIA E CENTRALE DEL FERMO E LUCIA, ROMANZO ARCHETIPO DEI PROMESSI SPOSI. Nel 1984 ebb...
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domenica 12 gennaio 2014
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lunedì 6 gennaio 2014
Le Nebbie del Tempo: La villa e il tempio di Montegibbio
Le Nebbie del Tempo: La villa e il tempio di Montegibbio: Pavimento in opus signinum della villa di Montegibbio Ricerche archeologiche iniziate nel 2007 in località Poggio di Montegibbio (Sas...
venerdì 25 ottobre 2013
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LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRANCO: LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRA...: LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRANCO: LA "PESTE" COME NUOVA CHIAVE DECODIFICATORIA E CEN... : LA "PESTE"...
sabato 12 ottobre 2013
LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRANCO: "ILICHIASTICO": SIGNIFICATO E SIGNIFICANTE DEL TER...
LETTERATURA, ARTE E POLITICA, BLOG DI BERSELLI FRANCO: "ILICHIASTICO": SIGNIFICATO E SIGNIFICANTE DEL TER...: "ILICHIASTICO": SIGNIFICATO E SIGNIFICANTE DEL TERMINE ARCHETIPO. In termini filologici-letterari, il termine "ilichiastic...
lunedì 23 settembre 2013
LETTERATURA CONTEMPORANEA
E' con grande ammirazione per Carlo Alberto Parmeggiani che mi appresto a pubblicare nel mio blog una piccola pre-recensione del suo ultimo lavoro letterario intitolato "Le parole e i numeri" (MIMESIS, 2013). Come si evincerà da alcuni argomenti trattati dal critico, professore universitario Remo Cesarani, il testo di Carlo Alberto affonda le sue radici letterarie ed ideologiche in una rivisitazione storica del Conciliatore (1818), foglio scientifico-letterario che per primo affronta le problematiche di una moderna letteratura. Tanta pre-veggenza è giunta fino a noi con l'intento di analizzare esaustivamente il sottile e a volte impalpabile intreccio fra le parole e i numeri.
di Remo Ceserani, con un'introduzione di Sandro Invidia
- 20 settembre 2013
Qualcuno probabilmente ricorderà che Remo Ceserani, insieme
a Lidia De Federicis, ha firmato anni fa un "Laboratorio per lo studio della
letteratura italiana" tanto fortunato quanto "clamoroso". Il Materiale e
l'Immaginario, edito da Loescher, si impose infatti all'attenzione del
mondo scolastico e accademico perché scardinava, tra gli altri, uno dei pilastri
portanti (e fondanti) di tutta la didattica disciplinare nazionale, da Croce in
poi: l'idea che il letterato si dovesse occupare prevalentemente (se non
esclusivamente) di letteratura, perché quello era il suo specifico e naturale
(ma dovrei forse dire spirituale) campo di azione e interesse.
Idea sbagliata – secondo l'Autore – e povera, perché negava dignità di studio e di ricerca a tutte le occasioni di convergenza e contaminazione, senza le quali spesso poco si può capire della letteratura stessa («da che materiale scaturisce quell'immaginario che chiamiamo poesia?» ci si chiedeva in Casa editrice allora).
Per questo, quando ha accettato di scrivere per "la Ricerca", dicendo che gli sarebbe piaciuto occuparsi delle convergenze, appunto, «fra la letteratura e le altre discipline (matematica, fisica, biologia, neuro-scienze, medicina, giurisprudenza, ecc.), viste di volta in volta non dal punto di vista della situazione universitaria e culturale in senso ampio, ma da quello concreto delle discipline insegnate a scuola» abbiamo capito che ci stava proponendo di riprendere un discorso interrotto, non troncato, tanti anni fa. «È il nostro Autore che torna!», ci siamo detti in Redazione, con un po' di retorica e un malcelato senso di orgogliosa appartenenza.
Idea sbagliata – secondo l'Autore – e povera, perché negava dignità di studio e di ricerca a tutte le occasioni di convergenza e contaminazione, senza le quali spesso poco si può capire della letteratura stessa («da che materiale scaturisce quell'immaginario che chiamiamo poesia?» ci si chiedeva in Casa editrice allora).
Per questo, quando ha accettato di scrivere per "la Ricerca", dicendo che gli sarebbe piaciuto occuparsi delle convergenze, appunto, «fra la letteratura e le altre discipline (matematica, fisica, biologia, neuro-scienze, medicina, giurisprudenza, ecc.), viste di volta in volta non dal punto di vista della situazione universitaria e culturale in senso ampio, ma da quello concreto delle discipline insegnate a scuola» abbiamo capito che ci stava proponendo di riprendere un discorso interrotto, non troncato, tanti anni fa. «È il nostro Autore che torna!», ci siamo detti in Redazione, con un po' di retorica e un malcelato senso di orgogliosa appartenenza.
Carlo Alberto Parmeggiani è un immaginoso (da Edmondo
Berselli definito «sulfureo») scrittore di romanzi e saggi, gran giramondo,
praticante dei più diversi mestieri, dal bookmaker al professore di
matematica in Svizzera, allievo a suo tempo di Luciano Anceschi, molto emiliano
nei gusti e nella capacità estrosa, bizzarra, lucida della scrittura (siamo
nella terra di Ariosto, Cavazzoni, Celati e, appunto, Berselli).
In un libretto arguto e di piacevole lettura, intitolato Le parole e i numeri (Mimesis, 2013), Parmeggiani ha cercato di scoprire se ci sono buone ragioni per stabilire convergenze (di interessi, di atteggiamenti mentali, di bizzarrie caratteriali) tra matematici e letterati, tra forme di sapere e conoscenza a prima vista molto distanti fra loro. Naturalmente le divergenze sono nette e ben chiare a tutti noi. Come spiega Parmeggiani all’inizio del suo libro «lo scrittore lavora una materia composta di fatti, di esperienza, di emozioni, sentimenti e di parole che diventano i mattoni in bella vista di periodi e di singole frasi che innalzano un’umile soffitta o una cattedrale a una propria visione delle cose, mentre il matematico lavora una materia folle e schizoide di figure, di grandezze, di classi, di astrazioni, più che non di numeri, misure, identità e di equazioni, benché di questi non ne possa fare a meno nella formulazione di un linguaggio universale in cui numeri e algoritmi la fanno da padrone in luogo delle solite parole, di periodi o di singole frasi». E però, e però. Quante sono davvero le differenze, o le somiglianze, fra chi conta e chi racconta, chi immagina algoritmi e chi scrive romanzi o poemi in versi?
In un libretto arguto e di piacevole lettura, intitolato Le parole e i numeri (Mimesis, 2013), Parmeggiani ha cercato di scoprire se ci sono buone ragioni per stabilire convergenze (di interessi, di atteggiamenti mentali, di bizzarrie caratteriali) tra matematici e letterati, tra forme di sapere e conoscenza a prima vista molto distanti fra loro. Naturalmente le divergenze sono nette e ben chiare a tutti noi. Come spiega Parmeggiani all’inizio del suo libro «lo scrittore lavora una materia composta di fatti, di esperienza, di emozioni, sentimenti e di parole che diventano i mattoni in bella vista di periodi e di singole frasi che innalzano un’umile soffitta o una cattedrale a una propria visione delle cose, mentre il matematico lavora una materia folle e schizoide di figure, di grandezze, di classi, di astrazioni, più che non di numeri, misure, identità e di equazioni, benché di questi non ne possa fare a meno nella formulazione di un linguaggio universale in cui numeri e algoritmi la fanno da padrone in luogo delle solite parole, di periodi o di singole frasi». E però, e però. Quante sono davvero le differenze, o le somiglianze, fra chi conta e chi racconta, chi immagina algoritmi e chi scrive romanzi o poemi in versi?
Parmeggiani non è il primo che si pone questo problema, basta
ricordare gli studi severi di Carlo Ferdinando Russo e le brillanti divulgazioni
di Piergiorgio Odifreddi, ma egli questa volta lo affronta con un’ampiezza di
riferimenti e una verve di scrittura davvero invidiabili. Parmeggiani può citare
con disinvoltura le pagine di Ariosto, Kleist, Dumas, Carrol, Proust, Svevo,
Kafka, Borges, Lem, Pizzuto, Calvino o Kawabata (magari lasciando sullo sfondo
il fin troppo ovvio riferimento alla bottega matematica dell’Oulipo di Queneau e
Perec) e confrontarle con le formule e teorie di Eulero, Mahavira, Desargues,
Spinoza, Leibniz, Bolyai, Dedekind, Cesaro, Kronecker, Kovalevskaya, Cantor,
Thom e moltissimi altri. Può soffermarsi sui problemi posti dall’infinito,
dall’irrazionale, dallo zero, dal vuoto (il vuoto matematico e il senso del
vuoto esistenziale del letterato), o sull’invenzione fantastica e
fantascientifica dei mondi paralleli (come nell’inquietante romanzo Tempo
fuor di sesta di Philip Dick), o sulla logica imperterrita e
drammatica di
Carlo Michelstaedter, o sui complicati, torrentizi deliri di David
Foster Wallace, portato, lui come altri postmoderni, a pensare con angoscia il
mondo in cui viviamo «come un grande punto morto, ovvero un punto di
accumulazione di abbrutimenti» (altro che euforie nevrotiche!). Può soffermarsi
pietosamente sul tragico destino parallelo del matematico Évariste Galois e del
grande poeta e narratore russo Alexander Puškin. Può, con facilità, scrivere
pagine «sulfuree» su una sfilza infinta di matematici e letterati più o meno
grandi.
Il libro di Parmeggiani,
oltre a offrire a tutti noi una lettura molto piacevole, serve a smentire
pregiudizi troppo diffusi nelle nostre scuole e fra i nostri ragazzi, per cui
alcuni sarebbero portati alla scienza dura della matematica e altri, in netta
controtendenza, al libero esercizio della parola e dell’immaginazione. Pare
proprio che non sia così.
Remo Ceserani è stato professore di letterature comparate
all'Università di Bologna.
Franco Berselli.
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